Anche quest’anno siamo agli sgoccioli con il famigerato “Spesometro” in questo articolo facciamo riferimento alle operazioni con l’estero che devono essere comunicate, valorizzando appositamente il campo “Natura”, anche le operazioni non imponibili, esenti e non soggette ad imposta per le quali sia stata emessa la fattura.

Le modalità di compilazione della comunicazione consentono di individuare le informazioni da riportare a seconda delle peculiarità del documento emesso o ricevuto. Si fa riferimento, in particolare, alle informazioni riferite alla “tipologia di operazione” ai fini IVA che possono caratterizzare la fattura: infatti, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, occorre specificare la “natura” dell’operazione ai fini IVA, così come risultante dalla fattura e, di regola, dai registri contabili, al fine di poter liquidare correttamente l’imposta.

Tra le operazioni non soggette ad imposta sono comprese quelle prive del requisito della territorialità, per le quali la fattura deve essere emessa nelle ipotesi previste dall’art. 21, commi 6, lettera a), e 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972. Il codice da riportare è “N2”, a meno che il cessionario/committente comunitario sia debitore d’imposta, nel qual caso occorre indicare il codice “N6”, essendo l’operazione soggetta a reverse charge.

La comunicazione deve essere effettuata anche per le operazioni soggette a IVA in altri Stati UE in applicazione di particolari disposizioni, come nel caso delle vendite a distanza “sopra-soglia”, poste in essere nei confronti di privati consumatori di altri Stati UE e delle prestazioni di servizi telematiche in regime MOSS (Mini One Stop Shop).

Nel caso in cui la fattura ricevuta contenga l’annotazione “inversione contabile ”, oltre a riportare la codifica “N6”, vanno anche obbligatoriamente valorizzati i campi relativi all’imposta e all’aliquota. Fa eccezione l’acquisto in reverse charge che sia non imponibile o esente, il cui codice da “N6” diventa “N3” (operazione non imponibile) o “N4” (operazione esente), sicché i campi relativi all’imposta e all’aliquota non andranno compilati (risoluzione n. 87/E/2017).

In ogni caso, ai fini della trasmissione della comunicazione, i dati delle fatture ricevute, appositamente integrati, al pari di quelli delle autofatture, devono essere riportati una sola volta nella specifica sezione destinata ai documenti ricevuti, ancorché tali documenti siano annotati non solo nel registro degli acquisti, ma anche in quello delle vendite (circolare n. 1/E/2017).

Gli acquisti intracomunitari effettuati dagli enti non commerciali soggetti passivi IVA devono essere comunicati indipendentemente dall’ambito dell’attività cui sono destinati (attività commerciale/agricola o attività istituzionale), in quanto comunque soggetti alla procedura di inversione contabile (C.M. n. 13-VII-15-464/1994). L’eccezione è rappresentata dalle Pubbliche amministrazioni che acquistino beni di provenienza intracomunitaria per fini istituzionali, esonerate dalla comunicazione sebbene non abbia ricevuto la fattura elettronicamente attraverso il Sistema di Interscambio (risposta dell’Agenzia delle Entrate del 21 settembre 2017).

La comunicazione va presentata anche per gli acquisti intracomunitari degli enti non commerciali non soggetti passivi IVA se è stata superata la soglia annua di 10.000 euro o in caso di opzione per l’applicazione dell’imposta in Italia, ex art. 38, comma 5, lettera c), del D.L. n. 331/1993.

In sede di valorizzazione dell’informazione relativa al “tipo di documento”, potrebbe accadere che la fattura passiva, oggetto di reverse charge, si riferisca all’acquisto sia di beni, sia di servizi. In tale ipotesi, occorre utilizzare un criterio di prevalenza legato all’importo delle singole operazioni. Così, in caso di acquisto intracomunitario di beni e di servizi, se il valore dei beni è superiore a quello dei servizi si riporterà la codifica “TD10” (fattura per acquisto intracomunitario di beni), mentre nel caso opposto la codifica da utilizzare è “TD11” (fattura per acquisto intracomunitario di servizi).

Nella circolare n. 1/E/2017 si afferma che, per le operazioni effettuate per mezzo del rappresentante fiscale o della stabile organizzazione italiana del soggetto non residente, i dati della posizione IVA nazionale devono essere trasmessi nel solo caso in cui siano riportati in fattura. Alla luce delle indicazioni rese nella risoluzione n. 21/E/2015, tale situazione si manifesta quando la fattura, secondo la normativa in vigore, deve essere intestata al rappresentante fiscale o alla stabile organizzazione, come nell’ipotesi della cessione di un bene esistente in Italia nei confronti di un non soggetto passivo IVA, non anche quando il destinatario sia un operatore economico nazionale che agisce in quanto tale, benché nella fattura relativa all’operazione soggetta a reverse charge sia stata erroneamente riportata la partita IVA del rappresentante fiscale italiano.

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta del 21 settembre 2017, ha chiarito che, per le operazioni poste in essere nei confronti di clienti extracomunitari, nel campo relativo all’identificativo del Paese occorre inserire il codice del Paese extra-UE, mentre nel campo destinato all’identificazione del cliente deve essere riportato un qualsiasi estremo identificativo di cui si disponga e nello stesso modo dovrà procedersi ove l’operazione abbia come destinatario un privato di altro Paese UE.

Infine, per quanto riguarda le bollette doganali di importazione, in linea di principio, i campi destinati all’identificazione del fornitore extracomunitario e all’individuazione del Paese di riferimento dovrebbero essere compilati, trattandosi di informazioni da annotare per obbligo nel registro degli acquisti,  è possibile valorizzare il campo dell’identificativo del Paese con “OO”, mentre nel campo destinato all’identificazione del fornitore deve essere indicata una sequenza di undici “9”.